
"C'è una parola che si usa molto oggi: "anticomunismo". È una parola molto stupida e mal composta perché dà l'impressione che il comunismo sia qualche cosa di primitivo, di basico, di fondamentale. E così, prendendolo come punto di partenza, anticomunismo è definito in relazione a comunismo. Per questo affermo che la parola è stata mal scelta e fu composta da gente che non conosceva l'etimologia: il concetto primario, eterno, è Umanità. Ed il comunismo è anti-Umanità. Chi dice "anti-comunismo", in realtà sta dicendo anti-anti-Umanità. Un costrutto molto misero. Sarebbe come dire: ciò che è contro il comunismo è a favore dell'Umanità. Non accettare, rifiutare questa ideologia comunista, inumana, è semplicemente essere un essere umano. Non è essere membro di un partito".
Ieri sera si è spento all' età di 89 anni Aleksandr Solženicyn, il più noto dei dissidenti dell' Unione Sovietica. Il primo che, con una certa forza, svelò quello che si nascondeva nei regimi comunisti, al di là della cortina di ferro. Ma fu anche colui che denunciò la crisi morale dell' Occidente.
BIOGRAFIA
Aleksandr Isaevic Solzenicyn nasce a Kislovodsk l'11 dicembre 1918, da una famiglia discretamente agiata. Morto il padre pochi mesi prima della sua nascita in un incidente di caccia, la madre si trasferisce col piccolo a Rostov-sul-Don. Nel 1924, a causa degli espropri ordinati dal regime, i due si trovano nella miseria. Ciò non toglie che Aleksàndr continui gli studi e si laurei in matematica nel 1941. Nello stesso anno si arruola come volontario nell'Armata Rossa e viene inviato sul fronte occidentale. Riceve persino un'onorificenza. Ma nel febbraio del 1945, a causa di una lettera (intercettata) in cui critica aspramente Stalin, viene arrestato, trasferito nella prigione moscovita della Lubjanka, condannato a otto anni di campo di concentramento e al confino a vita. Comincia il pellegrinaggio di Solzenicyn da un lager all'altro.
Nel 1953, nel domicilio coatto di Kok-Terek, nel Kazakistan, gli è concesso di lavorare come insegnante. Nel frattempo raccoglie una quantità enorme di appunti sugli orrori dei campi, e ha meditato sulle ragioni intrinseche della vita dell'uomo e sul suo profondo valore morale. Nel 1961 la rivista Novyj Mir pubblica "Una giornata di Ivan Denissovic", il primo capolavoro assoluto dello scrittore. Il romanzo è un terribile atto di accusa contro i lager sovietici e contro tutti coloro che vogliono soffocare la libertà dell'uomo. Nel raccontare la giornata "tipo" del deportato (in questo caso, appunto, l'emblematico Ivan Denissovic), Solzenicyn dà una immagine realistica, anche se molto cruda, dei campi di concentramento siberiani, dove la vita di ogni uomo era quotidianamente messa in gioco e dove non era solo l'esistenza fisica ad essere prigioniera, ma sono anche i pensieri e i sentimenti ad essere condizionati. Con questo libro, destinato a grande fama, nasce di fatto il "caso" Solzenitcyn. D'ora in poi le vicende che riguardano lui e le sue opere saranno strettamente legate.
Dopo altri due fondamentali romanzi ("Divisione Cancro" e "Arcipelago Gulag"), inizia la lotta dello scrittore contro il sistema. Insignito del premio Nobel per la Letteratura nel 1970, viene espulso dalla Russia nel 1974 e solo allora si reca a Stoccolma, dove pronuncia un memorabile discorso. In esso afferma di parlare non per sé stesso ma per i milioni di persone annientate nei tristemente celebri Gulag sovietici.
Con la seconda moglie, sposata nel 1973, e i tre figli da lei avuti, si stabilisce in America. Gli avvertimenti di Solženicyn sul pericolo di aggressioni comuniste e l'indebolimento della tempra morale dell'occidente sono generalmente ben accolte dagli ambienti conservatori occidentali, e ben si adattano alla durezza della politica estera di Reagan, ma i liberali e i laicisti sono sempre più critici e lo considerano un reazionario per il suo patriottismo e per essere ortodosso. Viene anche criticato per la sua disapprovazione della bruttezza e insipidità spirituale della dominante cultura pop. Dirà: "L'anima umana desidera cose più elevate, più calde e più pure di quelle offerte oggi alla massa... dallo stupore televisivo alla musica insopportabile". Sarà critico anche nei confronti dell' avanzamento dell' ateismo e dell' agnosticismo sia in Oriente che in Occidente.
Torna in patria nel 1994, atterrando con l'aereo a Kolyma, simbolo dei lager staliniani, e far rientro a Mosca da Vladivostok in treno, attraversando tutta l'immensa landa russa.
Solo dopo il 2000, malgrado la diffidenza con cui i suoi connazionali hanno continuato a trattarlo, Alexander Solzenicyn si è riconciliato con il suo amato Paese, dal quale è stato a lungo perseguitato come dissidente, incontrando il presidente Vladimir Putin.
Il critico letterario Antonio D'Orrico ha scritto a lettere di fuoco parole definitive sullo scrittore russo e sul suo ruolo nel Novecento: "L'importanza (ma la parola è inadeguata) di Solzenicyn, non per la storia della letteratura ma per quella del mondo, è immensa. Spesso si dice, e con qualche ragione, che è stato Karol Wojtila a far cadere il Muro di Berlino. Con molte ragioni in più va detto che è stato lo scrittore russo ad abbattere quasi da solo il socialismo reale e, addirittura, la filosofia da cui traeva ispirazione. Un'impresa titanica. Vi sarete chiesti in qualche momento della vostra vita a che serve la letteratura. Ecco, la letteratura in alcune occasioni può servire a questo, ad abbattere un regime, piegare un impero. E non è un'esagerazione. Basta pensare alla vita di Solzenicyn, prima ancora che leggere la sua opera, basta guardare i suoi libri, messi su un tavolo come i modelli per una natura morta, per capire quello che semplicemente è successo. Solzenicyn è una forza (come si dice in fisica ma anche nei film di fantascienza di Lucas). Ricordate il ragazzo di Tienanmen davanti al carro armato? Solzenicyn è un po' come lui, con l'aggiunta che il carro armato l'ha smontato a mani nude (ci sono mani più nude di quelle di uno scrittore?). Però Solzenicyn non è conosciuto quanto dovrebbe essere conosciuto (in Italia specialmente)".
P.S: Ovviamente in un paese come il nostro, pieno di presunti intellettuali servi idioti di un'ideologia assassina, la pubblicazione e la diffusione dei libri di Solzenicyn venne ostacolata duramente: chiunque cercasse di gettare un po' di luce sulla realtà del mondo comunista era considerato un ciarlatano... Leggete qui http://www.storialibera.it/epoca_contemporanea/comunismo/urss-stalinismo/aleksandr_solzenicyn/articolo.php?id=1912&titolo=Così%20l'Italia%20censurò%20Solzenicyn.
1 commento:
Grande uomo,nonchè personaggio di grande rilievo nella lotta contro i delitti e le bugie del comunismo. Riposa in pace
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